Nel corso di un continuum storico, cinico e implacabile, abbiamo assistito, per taluni aspetti forse in modo inerme, al passaggio che ha condotto l’umanità all’assoggettazione alla tecnologia ed alla globalizzazione.
Categorie, quest’ultime, che sono alla base dei problemi, tanti e diversificati, posti oggi dal multiculturalismo. Basti pensare alle difficoltà di comprensione dovute alle differenze non solo linguistiche, ma anche – o forse sarebbe opportuno dire soprattutto – dalla diversità culturale, sino a giungere alle continue rivendicazioni poste in essere per preservare identità minacciate da modi diversi di concepire il mondo, l’esistenza, il diritto, la società, la religione e la salute.
UMANITA’ VIOLATA
Lo scenario fin qui disegnato è certamente quello di un mondo in cui i diritti umani sono sistematicamente violati nella maggior parte del globo, segnati e offesi da un’epoca di grande espansione, ma anche di indebitamento, povertà e disuguaglianza. Gli interrogativi cui si vogliono avere delle risposte esaurienti sono sempre più netti, chiari e specifici: si stanno forse varcando quei confini tracciati dal metodo scientifico fra scienza e non scienza, inerenti alla complessità umana, inglobandovi oltremodo la dimensione psichica? In quale parte risiede l’anima dell’essere umano e quanto la si sta mortificando o rispettando?
Darwin nella sua evoluzione della specie afferma che vi è qualcosa di grandioso in questa concezione della vita impressa dal Creatore negli esseri umani, eppure delle così semplici all’apparenza e bellissime forme, si sono evolute e continuano ad evolversi quasi fossero un “glorioso accidente della storia“.
ESSERE UMANO ‘SCHIZZO SENZA DISEGNATORE’
Secondo l’uomo, infatti, per quanto nobile – come sottolinea Stephen Jay Gould – resta un accidente o forse un incidente nel disegno attualmente vivente. Nel secolo della devianza l’essere umano resta, comunque, uno schizzo senza il suo disegnatore, poiché l’Universo non è ontologicamente orientato verso l’individuo, in quanto la vita organica e l’uomo nella sua fattispecie, non possono realmente avere un’importanza per l’infinito. Qual è, dunque, il senso dei decreti di Dio inteso come «essere onnipotente e onnisciente», che consente la sofferenza di milioni di esseri viventi per un tempo praticamente illimitato?
Troppo dolore, infatti, spegne “la capacità d’azione” di qualsiasi essere vivente e, lo stesso processo di civilizzazione costa fatica ed impegno riproducendo, altresì il ruolo per così dire evolutivo delle sofferenze e della devianza stessa.
Appare, a tal fine, curioso notare come la persona sin dalla nascita impari quali siano i beni morali e quali debbano essere valorizzati e perseguiti dagli innocenti allo scopo di fissare un’etica universale di convivenza basata sui diritti fondamentali delle persone, che ogni essere umano deve riportare indipendentemente dalle sue virtù.
PRO E CONTRO DELLA TECNOLOGIA
Nonostante tale presa di coscienza, però, resta ancora insoluto il seguente interrogativo: nella società odierna la legge deve essere finalizzata a formare uomini virtuosi come volevano Aristotele, Cicerone e Tommaso d’Aquino, oppure indirizzata a realizzare la pacifica convivenza fra uomini estranei l’uno all’altro? Ci si ritrova oggi a nuotare in un mare agitato dove la tecnologia ha concepito, migliorato, abbandonato e ricreato tre diverse dimensioni tra loro saldamente interconnesse: la conoscenza, le abilità e capacità umane, i prodotti e processi produttivi.
Nonostante ciò pare ci si trovi di fronte ad una ‘transustanziazione‘ che doveva essere il mezzo, ma che invece è divenuto il fine. Uno sviluppo armonico avrebbe infatti, dovuto avere delle basi fondate sulle libertà strumentali, quali le libertà politiche che comprendono i diritti civili; infrastrutture economiche, intese come tutte le possibilità date agli individui per riutilizzarle come risorse economiche; occasioni sociali ossia istruzione, sanità e simili, che consentono una partecipazione efficace alle attività economiche, politiche e sociali; garanzie di trasparenza contro la corruzione ed il raggiro.
RIMUOVERE IL MALESSERE PSICOFISICO
È, dunque, evidente che per combattere la povertà, la devianza e la disuguaglianza non ci si può concentrare solo sull’aspetto del reddito e sulla sua distribuzione, ma è necessario ripulire la tela in modo da rimuovere qualsivoglia forma di malessere psicofisico che priva gli individui della concreta possibilità di acquisire quelle capacità ed abilità che consentirebbero loro di migliorare la propria esistenza.
Ogni decisione individuale, ogni scelta sociale sul piano economico, ogni sentenza ed ogni legge che opera nel mercato dovrebbe presupporre, inevitabilmente, una presa di coscienza rispetto a quei diritti inviolabili che esigono la difesa e la tutela della dignità umana, attraverso l’arduo compito di ricercare una regolamentazione legislativa sull’identità dell’essere umano, in grado di recepire le istanze sociali e riempire i vuoti normativi presenti, non attraverso interpretazioni creative e discrezionali, bensì attraverso un coinvolgimento diretto a livello attuativo del cittadino che dissente, cui verrà attribuito l’ormai sempre più impopolare «risveglio critico della coscienza».
CHI PUO’ IMPORRE DEI LIMITI ALLA SOCIETA’?
Qualsiasi tipo di liberalizzazione sia essa etica e morale, esige delle regole affinché sia effettivamente favorito l’ingresso di nuovi operatori in settori ad hoc, al fine di individuare quel criterio in grado di valutare la legittimità e l’appropriatezza della regolamentazione sociale. Dobbiamo, pertanto, fare tutto ciò che possiamo? Oppure, è necessario individuare dei limiti e se si, chi è legittimato ad imporli? Quell’obiezione di coscienza sollevata dai più, è realmente così determinante in merito alle questioni inerenti ai diritti fondamentali dell’uomo invocate dal pluralismo delle culture o è necessario il riconoscimento di diritti comunitari differenziati, anche a costo di mettere in discussione gli attuali assetti costituzionali?
Da qui, la necessità di prendere in considerazione la sfida che sembra riservarci il futuro più prossimo, vale a dire, sviluppare quella capacità di controllo di un bio-potere attraverso bio-politiche democratiche in grado di esprimere carte dei diritti cogenti a livello planetario. Si è partiti dall’arte di governare, ovvero, da quel modo ragionato di governare al meglio e, contemporaneamente, dall’istanza capace di cogliere l’oggetto di riflessione pratica di un governo ideale: la “coscienza di sé“.
INCIDENZA DELLA GLOBALIZZAZIONE
La scelta di partire da una decisione, al tempo stesso teorica e metodologica, la cui prospettiva è data da un bio-potere gestito da tecnocrati e specialisti che mai dovrebbero decidere sulle nostre vite e su quelle delle generazioni future, è motivata dal fatto che si ritiene opportuno sottoporre la delicatissima questione dell’incidenza della globalizzazione nel panorama di devianza e adolescenza, alla storia e agli storici. In definitiva, lo “Stato di devianza” è ciò che esiste, ma anche ciò che non esiste ancora abbastanza. Solo fissando regole recepibili da chiunque e razionalizzando le più disparate modalità di intervento, si potrà centrare l’obbiettivo di una bio-politica tesa all’identificazione del dover-fare del Governo-persona con il dover-essere dello Stato-devianza.
Occorrerebbe giungere ad un interculturalismo, offertoci proprio dall’avvento della globalizzazione, dilatandolo nel tempo per garantire quel “ponte verso il futuro” che investe il diritto di un compito complesso, difficile, ma indispensabile per una costruzione solida che sappia guardare lontano, che si opponga alla tecnocrazia, orientando i percorsi della scienza nella direzione della difesa dell’uomo e nella tutela dei diritti umani fondamentali.
CONCETTO DI UMANITA’ DI KANT
Non sarà possibile esimersi, alla luce di quanto menzionato, dall’effettuare un’analisi dettagliata della nozione di ‘persona’, portatrice di diritti morali con valenza etica, giungendo alla prevalenza della dignità dell’essere umano e della sua integrità fisica, rispetto al progresso della scienza, della tecnica e dell’economia dei mercati che dovrebbero essere obbligati a tener conto, in primis, del rispetto della persona, letta non in accezione latina e pirandelliana quale maschera, bensì kantiana, ovvero fine e giammai mezzo. Pertanto, se per Kant l’umanità è essa stessa una dignità, quest’ultima diventa l’indicibile ossia un presupposto imprescindibile sul quale non si può e non si deve discutere.
È anche vero che ad oggi tutti i paragoni con le barbarie naziste sono legittimi, poiché qualcosa di analogo emerge dall’attuale società, ma in un futuro non troppo remoto dovremmo giustificare alle generazioni future l’espressione collettiva e istituzionale di tale disumanità. Se, non invertiremo immediatamente il senso di marcia, potremo solo sperare che le generazioni future siano altrettanto disumani quanto noi, trattando, all’occasione, l’Altro come materiale umano superfluo, ingombrante, di scarto.
C’è, infatti, qualcosa di peggio della devianza e della disumanità: la vergogna e il rimpianto per la propria umanità smarrita. C’è la fine di ogni ricordo d’umanità e la barbarie come unico orizzonte perseguibile.