È morta venerdì pomeriggio, a Miami, l’orca Lolita. L’esemplare, negli scorsi anni, era divenuto simbolo della lotta animalista contro la cattura e la reclusione degli animali nei parchi acquatici e negli zoo.
Lolita, anche conosciuta come Tokitae o Toki, infatti, viveva da 53 anni in stato di cattività, all’interno del “Miami Seaquarium”. Si tratta di un noto parco marino americano, che ospita diversi esemplari di animali marini ammaestrati.
Secondo quanto dichiarato, l’Orca sarebbe deceduta a causa di una sospetta malattia renale.
La triste storia di Lolita: dalla cattura nel 1970 alla prigionia
L’orca, poi ribattezzata come Lolita, era stata catturata in mare, nelle acque di Penn Cove, nella baia naturale tra Seattle e Vancouver. La cattura era avvenuta nel 1970, quando l’esemplare aveva solo quattro anni di età. Si era trattato di una cattura violenta, che aveva infatti portato anche alla morte di altri cinque esemplari del suo stesso branco.
Poco dopo, Lolita, fu acquistata dal Miami Seaquarium, per una somma di circa 20.000 dollari. La sua nuova casa, dunque, divenne una piccola vasca di cemento, lunga circa 18 metri e profonda al massimo 6,1 metri. Nei primi 10 anni di vita, Lolita si ritrovò a condividere la vasca con un compagno, Hugo.
L’animale, tuttavia, poco dopo, aveva iniziato a manifestare segni di violenza e insofferenza, fino a provocare la sua stessa morte. Nel 1980, infatti, Hugo morì dopo essersi ripetutamente scagliato contro i bordi della sua vasca. Dal 1980, dunque, Lolita iniziò a vivere in solitudine.
La lotta per la liberazione di Lolita
In seguito alla morte di Hugo, sorsero le prime associazioni in difesa di Lolita, che iniziarono a lottare per la sua liberazione, preoccupandosi delle condizioni in cui l’esemplare era costretto a vivere. Si sarebbe, tuttavia, trattato di una lotta destinata a durare decenni.
Solo nel 2021, infatti, dopo 51 anni, due rapporti federali riuscirono a dimostrare i maltrattamenti a cui era, ormai da mezzo secolo, soggetto l’animale. Secondo quanto dichiarato al loro interno, infatti, Lolita sarebbe stata costretta a vivere in un ambiente inadatto, con delle quantità di cibo ridotte e sarebbe stata costretta ad esibirsi fino a procurarsi delle ferite.
Per questa ragione, la nuova compagnia a capo del Seaquarium, The Dolphin Company, non aveva più ricevuto l’autorizzazione per far esibire l’animale. Per la prima volta, dunque, dopo oltre 50 anni di lotta, si iniziarono a raggiungere gli accordi necessari al trasferimento dell’orca.
L’accordo raggiunto nel marzo 2023: “Lolita sarebbe stata rimessa in libertà”
Sarebbe stato, tuttavia, necessario attendere fino a marzo 2023, per la svolta definitiva nella lotta alla liberazione dell’animale. Durante una conferenza stampa, infatti, era stato reso pubblico ufficialmente un accordo sorto tra la The Dolphin Company, nuova società a capo del parco acquatico, e l’associazione The Friends of Lolita. Era stato finalmente approvato il trasferimento dell’Orca in un santuario oceanico nel Pacifico. A finanziare il progetto, il proprietario di Indianapolis Colts, Jim Irsay.
Trattandosi, tuttavia, di un esemplare vissuto quasi esclusivamente in cattività, sarebbe stato necessario un lento processo di adattamento affinché potesse iniziare nuovamente ad essere autosufficiente. Secondo quanto dichiarato, il programma sarebbe durato circa 18 mesi.
Lolita morta prima di raggiungere la libertà, Ingrid Kewkirk: “Accordo raggiunto troppo tardi”
Tuttavia, Lolita è deceduta venerdì, prima di poter finalmente riacquisire la tanto attesa libertà.
“In molti hanno implorato il Miami Seaquarium di porre fine alla vita infernale di Lolita in una cella di cemento e di rilasciarla in un santuario sul mare, dove avrebbe potuto immergersi in profondità, sentire le correnti dell’oceano e persino ricongiungersi con l’orca che si credeva fosse sua madre – ha dichiarato Ingrid Newkirk, presidente di PETA – ma si è arrivati troppo tardi e a Lolita è stato negato anche un minuto di libertà nei suoi 53 anni di prigionia”.