Supponiamo che io sia madre di mia figlia e che mia figlia sia il prodotto di un amore mai partorito che chiamerò Alice.

Per 9 mesi Lei cresce nella mia pancia, scalpitando furiosa il giorno in cui decide di abbandonare il mio ventre per scontrarsi col mondo. Alice oggi ha 9 anni: nei sui occhi c’è quella luce quasi angelica di chi in quel mondo è cresciuta con il sorriso sulle labbra. Le passeggiate con mamma e papà, le gite fuori porta con nonni, le bambole vestite come le principesse, le merende consumate con le amichette e le chiacchiere…non frivole, ma leggere, di chi semplicemente ha nel cuore la speranza che il domani, sarà ovviamente migliore del presente.

Poi ad un tratto, la favola si interrompe e il drago cattivo diventa un virus che costringe il mondo intero a restare chiusi in casa per mesi e mesi. Alice non può più giocare a palla con le amichette, non può più abbracciare i compagnetti che incontra per strada, non può più respirare senza mascherina, non può più abbracciare i suoi nonni.

Io, mamma, provo a spiegarle che basterà avere pazienza e non perdere la speranza che quel domani migliore di ieri, prima o poi tornerà ad arrivare se tutti rispettiamo le regole ed impariamo a convivere con questa nuova normalità. Alice si fida delle mie parole, fa tutto quello che le dico: non esce di casa, guarda la televisione, gioca da sola con le bambole, inventa nuove avventure con le sue amiche utilizzando i telefono, avverte forte la mancanza dei nonni, ma non si lamenta. Resiste.

Nel mondo i morti sono talmente tanti che quasi se ne perde il conto. Eppure arriva l’estate e, con essa le porte di tutte quelle case, magicamente si riaprono: tutti fuori, ma con attenzione e con responsabilità, senza dimenticare di indossare l’ormai immancabile mascherina sul volto.

Alice è felice perché, se pur senza esagerare, riesce a riappropriarsi della sua piccola grande quotidianità, fatta di passeggiate con mamma e papà e con i nonni, con le amichette tenute a debita distanza di sicurezza, ad andare al mare evitando di creare assembramenti sotto gli ombrelloni altrui, giocando in compagnia, ma sempre e solo con i propri giocattoli, mai scambiandoli.

Ma l’estate è finita e adesso è tempo di tornare a scuole ed io, mamma di Alice, come posso far comprendere a mia figlia che non potrà raccontare i suoi segreti all’orecchio della sua migliore amica; che non ci sarà nessuna compagna di banco a farle compagnia durante le lezioni; che le maestre avranno l’obbligo di parlare attraverso quella stessa mascherina che sembra essere divenuta parte integrante di ogni essere umano; che la ricreazione non sarà più momento di aggregazione e di socializzazione, perché ognuno dovrà restare al proprio posto, rispettando le distanze di sicurezza imposte dal Ministero della Pubblica Istruzione; che se per puro caso, la sua penna bic dovesse smettere di scrivere dovrà arrangiarsi da sola, perché nessuno dei suoi compagni di classe potrà prestargliene una; che quando finalmente suonerà la campanella, non potrà mettersi in fila con la sua amica del cuore per ridere andando verso l’uscita dell’istituto.

La verità, cara Alice, è che il drago non è stato ancora sconfitto. Forse ci ha semplicemente preso in giro illudendoci che magari tutti insieme avremo potuto ucciderlo. Ti guardo scrollare la testolina bionda mentre ti racconto di questa nuova realtà e rispondermi con un candore che mai noi adulti avremo dovuto dimenticare di possedere: “Mamma, ma cosa stai dicendo? Mi hai sempre insegnato ad avere fiducia e a non perdere mai la speranza”.

“Sono io adesso che ti chiedo di credere in me, nella gioia di ritrovare, seppur a distanza i miei compagni di classe. Magari parleremo urlando un po’ in più, ma che importa?! Mi è sempre piaciuto gridare! Tu stessa mi ripeti sempre che appena nata strillavo come una matta!”

Alice non esiste, non è mai nata: è frutto della mia fantasia. O forse è quella parte di me bambina che vorrebbe tanto dire al mondo: “Vivi, cretino!”