Sospesa tra fantascienza, sogno, religione e combattimenti nello spazio, “Battlestar Galactica” rappresenta per molti la migliore serie TV a tema sci-fi di ogni tempo. Creata da Ronald D. Moore come remake della serie televisiva “Galactica” del 1979. Va in onda negli USA per quattro stagioni televisive, dal 2004 al 2009, e successivamente viene proposta in Italia su Rai 4.
La premessa di fondo che unisce le due serie è la medesima. Dopo aver colonizzato dodici pianeti, l’umanità viene attaccata dai Cylon, androidi creati per facilitare la vita degli abitanti sulle colonie, e sterminata. Gli unici superstiti, inseguiti dalle forze Cyloni, iniziano un viaggio a bordo di una flotta. A capo c’è la nave Galactica in cerca del leggendario pianeta Terra.
LE ACCUSE DI PLAGIO
La serie originale, giunta anche in Italia nei primi anni ’80, pur avendo un discreto successo viene travolta dalle accuse di plagio. In particolare a “Star Wars“, che induce alla cancellazione dopo soli 24 episodi. Segue un maldestro tentativo di un sequel che sposta l’azione trent’anni nel futuro sulla Terra. Viene però cancellato dopo soli 10 episodi e l’interesse sulle vicende della Galactica sembra venir meno definitivamente.
RICHARD HATCH NEI PANNI DEL CAPITANO APOLLO
A non arrendersi rimane l’attore Richard Hatch, che interpreta il ruolo del Capitano Apollo nella serie originale. I suoi sforzi, in verità indirizzati a realizzare un sequel, vengono premiati nel 2002 quando la Universal commissiona un pilot di due episodi a Ronald D. Moore, in cui veniva narrato l’attacco dei Cylon all’umanità.
Sono trascorsi 40 anni dalla guerra tra Cylon e razza umana, conclusasi con gli Accordi di Pace di Cimtar, al seguito dei quali i Cyloni abbandonarono lo spazio coloniale per trovare un mondo che potesse essere solamente loro. L’armistizio firmato tra le parti prevedeva un incontro annuale in un avamposto spaziale, cui però i Cylon non avevano mai partecipato, fino ad allora.
Gli androidi si presentano all’incontro col delegato di Kobol, nome del pianeta di origine della razza umana, distruggono l’avamposto e attaccano gli umani. Dando inizio così a una nuova guerra. Proprio nello stesso giorno la nave spaziale Galactica, ultima ammiraglia della guerra Cylone rimasta attiva, termina la propria attività e si prepara ad esser trasformata in una nave museo, a imperitura memoria di quei giorni di battaglie. Nessuno tra l’equipaggio immagina che quel giorno di festa segnerà l’inizio di una odissea lunga e dolorosa per i soli 49998 sopravvissuti. Alla ricerca della tredicesima colonia, la nuova patria dell’umanità secondo gli Dei di Kobol: la Terra.
DALLA MINISERIE AL REMAKE DELLA SERIE CLASSICA
L’ottimo successo della miniserie convince a mettere in produzione il remake della serie classica. Ad Hatch, inizialmente contrariato per la scelta di non realizzare un sequel come lui aveva immaginato, viene proposto il ruolo di Tom Zarek. Si tratta di uno dei personaggi cardine della prima parte di “Battlestar Galactica“. L’accoglienza da parte di un pubblico che iniziava a cambiare il proprio approccio alle serie TV, diventando più esigente per forma e contenuti delle stesse, è estremamente positiva. Una storia che partendo da alcuni clichè tipici di una certa fantascienza (robot, combattimenti spaziali, conflitti con razze aliene) si dimostra di ben altro spessore. Tocca tematiche ben più rilevanti. Si rivela capace di catturare anche il pubblico non interessato alle space opera convenzionali.
La sopravvivenza è ovviamente uno dei temi principali della serie e viene declinato in modi diversi durante le puntate. Fino a dove ci si può spingere per ottenerla? A quali compromessi bisogna scendere? Il sottile equilibrio tra dittatura militare e democrazia, rappresentato dal confronto tra il Comandante Adama e il Presidente Roslin. Le scelte che i due dovranno compiere per salvare la razza umana e allo stesso tempo per evitare tumulti tra una popolazione esausta per l’esodo.
Uno dei temi più impattanti della serie è quello dell’identità. Diviene centrale nel momento in cui si scopre l’esistenza di Cylon umani e inconsapevoli di esserlo, una sorta di agenti dormienti infiltrati. Questi, esseri avanzatissimi la cui natura ha trasceso la robotica sconfinando nella biologia, inclusa la capacità di procreare, si troveranno col dilemma di scegliere la propria appartenenza. Legandosi a chi li ha creati o a quelli con i quali hanno vissuto e con i quali hanno creato una rete di relazioni forti e stabili. Ma anche a dover fare i conti con la diffidenza degli umani una volta scoperti.
LE TEMATICHE
In questo senso è evidente come “Battlestar Galactica” anticipi le tematiche principali di una delle serie culto dei nostri giorni, “Westworld“. L’evoluzione tecnologica dei Cylon pone all’attenzione anche il difficile rapporto che l’essere umano ha con il progresso scientifico. Gli uomini creano i Cylon che, come nel più abusato clichè del rapporto uomo/macchina, si ribellano ai propri creatori. La perfezione raggiunta dagli androidi fa sì che ogni strumento tecnologicamente avanzato sia inutile contro di loro. L’unica speranza per il genere umano è la realizzazione di flotte di astronavi militari. Esattamente come la Galactica, tecnologicamente primitive, prive di ogni automatizzazione, come voler combattere una battaglia navale ai nostri giorni con un veliero dei pirati.
VITA E MORTE
Non meno centrali nella serie sono i temi della vita e della morte. Gli umani, nel creare i Cylon finiscono col voler giocare a diventare una divinità, generando una vera e propria nuova razza senziente, in grado di prendere decisioni autonome e di ribellarsi ai suoi creatori. I figli degli uomini, nati per eseguire quei lavori che gli umani non desideravano più fare, sceglieranno non solo di evolvere secondo una propria direzione ma anche di annientare i propri creatori e rimpiazzarli.
I Cylon umanoidi più avanzati non possono morire dato che possono reincarnarsi in nuovi corpi nel caso vengano eliminati. Tuttavia non sono in grado di generare la vita biologicamente, nemmeno nei soggetti più avanzati e questo è un ostacolo al loro progetto evolutivo. Anche perché la fede nel loro Dio prescrive di trovare la via per la riproduzione biologica come tappa fondamentale per rimpiazzare la razza umana.
Proprio la forte tematica religiosa è uno dei cardini della serie. La razza umana è politeista. Venera gli Dei di Kobol un gruppo di divinità che, secondo le scritture, ha guidato gli abitanti di Kobol verso i Dodici Mondi (le Dodici Colonie) e la Terra. I Cylon seguono invece un culto monoteista. Considerano gli umani una creazione fallita che venera false divinità. Entrambe le parti in causa tenteranno di giungere alla salvezza attraverso profezie e figure messianiche, unendo così in maniera inscindibile componenti divine a una realtà fantascientifica.
LE CRITICHE MOSSE A “BATTLESTAR GALACTICA”
Il risultato è senza dubbio uno degli aspetti più caratterizzanti e affascinanti della serie ma allo stesso tempo uno dei motivi principali di critica. L’idea che tutti i misteri che non vengono spiegati siano, per usare le parole di Ronald D. Moore, “opera di Dio” è quantomeno forzata. Così come il finale in cui l’intervento divino è risolutivo per la chiusura delle vicende.
Se, come detto, una storia così fitta e intricata si rivela attraente per il pubblico, non di meno a decretare il successo della serie sono i personaggi, tutti sospesi tra la risolutezza e la determinazione che la lotta alla sopravvivenza richiede e una comprensibile fragilità umana. A spiccare tra tutti è sicuramente la pilota di caccia Kara Thrace, detta “Scorpion” (starbucks in originale), cardine di tutta la vicenda, interpretata da Katee Sackhoff. Accanto a lei le due guide dei superstiti. William Adama, comandante della Galactica e ufficiale più alto in grado della flotta, e Laura Roslin, sottosegretario all’educazione divenuta Presidente dopo lo sterminio della razza umana.
PROVE ATTORIALI DA OSCAR
Monumentali le prove attoriali nei ruoli rispettivamente di Edward James Olmos e di Mary McDonnell, pluripremiati e candidati al premio Oscar. Impossibile dimenticare poi il capitano Lee “Apollo” Adama, comandante del gruppo aereo della Galactica, figlio del comandante. Legato a Kara, fidanzata del suo defunto fratello anch’esso pilota, da un sentimento profondo, Gaius Baltar, scienziato geniale, egocentrico, narcisista e doppiogiochista, inconsapevole corresponsabile del genocidio della razza umana.
Interpretati da Jamie Bamber e James Callis, sono l’uno il contraltare dell’altro. Coraggioso, devoto alla sua missione e disposto a tutto per salvare la razza umana Apollo; egoista, privo di scrupoli e intenzionato unicamente alla propria sopravvivenza Baltar. Quest’ultimo è forse uno dei personaggi più vili e miserabili della storia della serialità televisiva. La sua evoluzione durante le puntate, sino a diventare uno delle pietre angolari della sopravvivenza dell’umanità, è clamorosa e dimostra tutta l’abilità di Moore nel tratteggiare i personaggi della serie.
I MOTIVI DEL SUCCESSO
Oltre a vicende sempre più coinvolgenti e a un gruppo di personaggi carismatici e accattivanti, a favorire il successo della serie contribuisce la scelta di girare la serie con un taglio documentaristico. Amplificando la sensazione di straniamento e angoscia durante le battaglie, scegliendo, di non eccedere con effetti speciali, che, specie paragonati a quelli odierni, risultano quasi arcaici.
Da “Battlestar Galactica” nascono 2 spin off. Altrettanti film per la TV, una web serie e diversi giochi di ruolo e videogames, a testimonianza del successo che la serie ebbe negli anni 2000 e che ancora oggi l’accompagna.