Dopo l’ennesimo affare sfumato in casa Cosenza relativo all’ingaggio del croato Marin Jakolis, è giusto fare le opportune riflessioni.
Un deja vù già vissuto con i vari Da Cruz, Asencio, Casasola, D’Angelo solo per citare qualche nome. Trattative tutte ben avviate e impostate. Poi puntualmente al momento di mettere la firma, la fumata da bianca, diventa prima grigia, poi nera. Tutta colpa di Goretti? Uno status quo vissuto già in passato anche quando a capo dell’area tecnica c’era Stefano Trinchera. Come dimenticare la corsa disperata alla punta l’ultimo giorno di mercato ed i vari rifiuti di Nzola, Tupta e Rosseti, quarta punta dell’Ascoli? Un perfetto carneade ancora oggi. Poi fortunatamente Laazar, giunto a Cosenza più come suggeritore che calciatore, propose all’attuale ds del Lecce di prendere un suo amico della Martinica che era svincolato. Un certo Rivière. Ma questa è un’altra storia.
L’amara verità dice che nel corso degli anni Cosenza è diventata la seconda, terza scelta di tutti i calciatori. Qualcuno parlò di appeal, ma alla base di tanti rifiuti e di questa incertezza c’è molto di più. Mancanza di un vero e proprio progetto tecnico con una rosa allestita sempre da tanti prestiti o poco più. Mancanza di strutture e campi di allenamento, dove un calciatore può sentirsi a proprio agio. Mancanza di lungimiranza e poca voglia di investire capitali cospicui in una piazza calda e passionale come Cosenza.
Poi magari l’ultimo giorno di mercato arriveranno Messi e Neymar e tutti saremmo felici. Ma i tifosi, la stampa e la nostra città, non meritano di vivere una vita sportiva sempre sul filo di lana. Perché poi, si sa, il filo a furia di tirarlo da una parte all’altra prima o poi si spezza. Definitivamente!