Arbitri

Nel calcio delle categorie inferiori l’arbitro è una figura centrale e allo stesso tempo fragile. Centrale perché da ogni sua decisione può dipendere l’andamento di una partita. Fragile perché troppo spesso viene lasciato solo, senza le adeguate tutele, a fronteggiare ambienti difficili e carichi di tensione. Gli errori arbitrali esistono e sono inevitabili. Soprattutto in contesti dove mancano strumenti, supporto tecnologico e un percorso di formazione non paragonabile a quello delle categorie professionistiche.

Molti direttori di gara delle categorie dilettantistiche sono ragazzi giovani, talvolta alla prima esperienza, che si avvicinano all’arbitraggio spinti dalla passione per il calcio. Scendono in campo con serietà e senso di responsabilità, ma si trovano ad operare in campi dove la pressione del risultato, le rivalità locali e la scarsa cultura sportiva rendono ogni fischio un potenziale detonatore. In questi contesti l’errore, anziché essere compreso come parte del percorso di crescita, diventa motivo di accanimento.

Dalle proteste reiterate dei calciatori alle intemperanze delle panchine, fino agli insulti provenienti dagli spalti, l’arbitro è spesso il capro espiatorio perfetto. Non mancano purtroppo episodi in cui la tensione supera i limiti della civile competizione sportiva, sfociando in minacce, aggressioni verbali e, nei casi più gravi, fisiche. Situazioni che costringono i direttori di gara a vivere momenti di paura. Spesso la loro incolumità è messa a rischio.

Il problema non è solo l’errore tecnico, ma la mancanza di una rete di protezione efficace. Le sanzioni, quando arrivano, non sempre bastano a prevenire nuovi episodi, e il senso di isolamento resta forte. Senza un supporto concreto e visibile, molti arbitri finiscono per abbandonare, scoraggiati da un ambiente che chiede perfezione ma non offre rispetto.

È necessario un cambio di mentalità che coinvolga tutti: federazioni, società, dirigenti, allenatori, calciatori e tifosi. Servono maggiore formazione, controlli più severi, tutele reali e una cultura sportiva che riconosca l’arbitro come parte integrante del gioco, non come un nemico. Proteggere chi dirige una gara significa proteggere il calcio stesso, soprattutto quello di base, che rappresenta il cuore pulsante del movimento.

Senza rispetto e sicurezza, non c’è futuro per l’arbitraggio dilettantistico. E senza arbitri, il calcio non può esistere.

Umberto Colacino – Erika Liparoti

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