Gargiulo e Florenzi festeggiano la vittoria del Cosenza al triplice fischio (foto Francesco Farina)
Gargiulo e Florenzi festeggiano la vittoria del Cosenza al triplice fischio (foto Francesco Farina)

Cosa ci dice la vittoria di misura del Cosenza sul Bari in un “Marulla” desolatamente vuoto? Sostanzialmente, due cose.

La prima: la conferma della mediocrità di un campionato livellato verso il basso. E quindi la possibilità concreta di salvezza anche per chi ha operato male. Eccezion fatta per la società Cosenza Calcio, che ha affrontato questa stagione, più delle altre, con tali inadeguatezza e scellerataggine da essere ormai spacciata. Nonostante l’ultimo flebile anelito di vita mostrato contro un Bari abulico giustamente contestato dai mille tifosi che lo avevano seguito in Calabria.

In conclusione, bastava fare un po’ meno peggio e il club rossoblù sarebbe riuscito a sfangarla. Avrebbe portato a casa un’altra salvezza risicata. Invece no, ha preferito non rinforzare la squadra e abbandonarsi inerme all’inesorabile destino. Ha poi rovinato il già precario equilibrio della quotidianità lavorativa di giocatori e staff. Rendendo di fatto impossibile la realizzazione di un altro miracolo.

Eugenio Guarascio ieri al Marulla (foto Francesco Farina)

La seconda: che il moto d’orgoglio del 1° maggio sia un segnale lanciato dalla squadra? Quasi a dire: “sì, siamo retrocessi ma abbiamo una dignità. Se ci aveste messo nelle condizioni di fare bene il nostro lavoro forse qualche punto in più lo avremmo ottenuto“.

Conclusione: il Cosenza, questo Cosenza non sta semplicemente retrocedendo. Non ha più ragione di esistere. È un malato terminale, deprivato anche dell’anima, dal momento che la gestione Guarascio & Co. ha fatto tabula rasa. Ha calpestato con violenza la passione dei tifosi, l’ha massacrata, polverizzata, cancellata. Senza possibilità di recupero, almeno sotto la sua egida. Da qui fino al giorno, tanto atteso, in cui ci sarà un passaggio di consegne.

Quegli spalti vuoti (e sporchi, come quelle poltroncine in panchina, vergognose e indegne) sono una pugnalata al cuore. Non del presidente e della sua schiera di fedelissimi, che mostrano di infischiarsene. Da tenere bene a mente quando si sposta il bersaglio sul portiere che esce male, sull’attaccante che non fa gol a porta vuota o sull’allenatore che sbaglia le formazioni. Di fronte a questo sfacelo è solo fuffa. Nient’altro che fumo negli occhi.

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