Chiusura di stagione in gran stile per la “Rassegna L’Altro Teatro”, curata da Gianluigi Fabiano e Giuseppe Citrigno. Martedì 7 maggio, alle ore 20.30, sul palco del Teatro Alfonso Rendano di Cosenza andrà in scena “Il caso Jekyll”, con Sergio Rubini e Daniele Russo.
Opera ispirata al famoso romanzo di Robert Louis Stevenson, riadattata da Carla Cavalluzzi e dal celebre attore e regista Sergio Rubini. È lo stesso artista a spiegare la nascita della sua opera. «Partendo dalla considerazione che il celebre romanzo di Stevenson “Lo strano caso del Dr. Jekyll e di Mr. Hyde” sia un’apologia sulla condizione umana, avendo come tema centrale il doppio, che poi è il doppio che alberga in ognuno di noi abbiamo sviluppato una drammaturgia che avesse una chiave più chiaramente psicanalitica, più vicina a quelle teorie – spiega Sergio Rubini – che si svilupparono quasi mezzo secolo dopo la pubblicazione del racconto stevensoniano, e che ebbero il massimo dell’espressione negli approdi scientifici prima di Freud, poi di Jung. Il nostro testo, infatti, spogliato da qualsiasi soluzione allegorica usata da Stevenson – che dà il carattere fantastico a tutta la storia, come la metamorfosi di Jekyll in Hyde attraverso un esperimento chimico, la cosiddetta “pozione” – è piuttosto un viaggio nell’inconscio, nella fattispecie di un famoso luminare della medicina, Henry Jekyll, che ambendo all’individuazione delle cause della malattia mentale, si fa cavia e diventa poi vittima delle sue stesse teorie, tirando fuori dalla caverna del conscio ciò che è a lui stesso nascosto, la sua ombra, il suo Hyde».
Ne “Il caso Jekyll” ci si svincola dallo “strano” e dal faustiano “andar contro le leggi divine”, per dirigersi in un percorso investigativo, che accompagnerà lo spettatore negli inferi della natura umana, nel mistero e nel terrore di una true crime story. Ci sono delitti, c’è un investigatore a cui nessuno ha chiesto di investigare, che sprofonda in un caso prefreudiano di duplicazione delle personalità. Lo spettatore ha un vantaggio sull’investigatore, conosce i fatti, è lui il protagonista, colleziona i dettagli, esamina i dati e le ricostruzioni puntuali. Durante lo spettacolo poniamo degli interrogativi, il pubblico interpreta e cerca di comprendere la mente criminale, scopre la scena del crimine, alla ricerca di un senso.
Il risultato «è una storia più vicina ai temi della nostra contemporaneità, offrendo allo spettatore la possibilità non solo di rispecchiarsi in quelli che sono i pericoli – assicura il regista Rubini – ma anche i piaceri che scaturiscono dalla propria ombra, ma anche di essere spunto di riflessione sulla necessità di dialogare col proprio inconscio, portarlo fuori e condividerlo con la collettività per evitare che la nostra ombra scavi in solitudine nel nostro io un tunnel di sofferenze e violenza».