Ieri è stata ufficialmente certificata la retrocessione del Cosenza Calcio since 1914. Una lunga e sofferta malattia le cui cause sono da rintracciare e da imputare all’azione conscia e consapevole di un’organizzazione deviata che con irragionevole ferocia, efferatezza e brutalità ha miseramente condannato il (NOSTRO) Cosenza e la “Cosenza sportiva” a ludibrio pubblico.
“Di domani non v’è certezza” ammoniva il Magnifico Lorenzo dé Medici, per noi sì: la retrocessione. L’unica evidenza inconfutabile è l’inevitabile e perentoria bocciatura maturata nel campionato cadetto giunta a due giornate dal termine della regular season 2024/25 ma che, in realtà, si annusava già da tempo. Dopo sette anni il Cosenza si garantisce il primo tagliando per accedere al prossimo campionato di Serie C. Trattasi di una retrocessione amara e indigesta allorché, sviluppata non soltanto dai numerosi e deludenti risultati sportivi, dalla mediocre qualità degli interpreti di gioco ma, ovviamente, e soprattutto, dall’intero apparato amministrativo.

Quest’ultimo, non solo ha dimostrato trascuratezza e incompetenza nella governance ma inettitudine professionale, inosservanza e menefreghismo verso il buon nome della nostra città. Ora che alla resa dei conti il popolo rossoblù è stato vituperato e sottoposto ad ogni forma di ingiuria e martirio, ora che “alea iacta est“, ora che il vostro BRAND non è più salvo, cosa rimarrà? Cosa ne sarà di noi?
Ora che è stata formalizzata la discesa negli inferi, ora che le energie si sono esaurite e un intero popolo parla con voce sommessa, il cuore infranto e il viso rigato dalle lacrime che bruciano più del sale; un dubbio amletico mi sovviene. Mostrerete i vostri volti ai riflettori? Presterete le voci ai microfoni? O continuerete a declinare legittimi inviti? A eludere domande insidiose e a “darvela a gambe“?
Cosa si prova a dissacrare una passione? Quanti e quali effetti produce un comportamento così caustico e irriverente? Tante domande, probabilmente nessuna risposta; quesiti “bianchi” così come “in bianco” ci appresteremo NOI a trascorrere le prossime “nottate”, con il naso e gli occhi all’insù e le mani adagiate sul nostro “cuore matto” tentando, forse invano, di trovare una motivazione a cotanta sofferenza e una consolazione che difficilmente ridurrà e lenirà il dissidio interiore di ogni tifoso.
Caro e vecchio cuore rossoblù oggi è un giorno infausto e mesto ma il domani potrà e dovrà riservare un futuro migliore e libero, non più avverso ma favorevole e propizio. “De morte ad vitam meliorem” (dalla morte alla vita migliore).
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