Sono poche le cose da salvare nella domenica del “Marulla” e non riguardano il campo. Almeno sul fronte Cosenza.
In sintesi ciò che è accaduto tra il minuto 0 e il minuto 8. Tenere bene a mente quest’ultimo numero, pieno zeppo di simbologie nella settimana che la città bruzia si è lasciata alle spalle. Il tutto, prima di arrivare alle note liete, intervallato dal fattaccio del minuto 7. Protagonista, manco a dirlo, il numero 7 (di nuovo?) del Sudtirol. Al secolo Matteo Rover.
Libero di scorrazzare, senza alcun impedimento, palla al piede sul terreno spelacchiato e sconnesso dell’impianto cittadino, per 30 e più metri. Un gioco da ragazzi per lui beffare Micai. Eppure i lupi non erano partiti affatto male. Il piglio era il solito. Squadra aggressiva e determinata.

Emozioni positive si diceva. Quelle suscitate dalle tante maglie con il numero 8 sulle spalle. Dallo striscione della Curva Sud, a Bergamini intitolata: “Denis puoi volare“. Da quello della Nord, che porta il nome di Massimiliano Catena, morto nello stesso giorno della sentenza che ha condannato in primo grado Isabella Internò a 16 anni di reclusione per omicidio in concorso con ignoti: “Giustizia per Denis” recitava il drappo degli ultras. Dagli applausi dei 7 mila presenti sugli spalti al minuto 8. Dallo striscione dei tifosi ospiti giunti da Bolzano: “Finalmente giustizia per Denis“.
E ora le paure. Tutte condensate in una serie di considerazioni e terrificanti déjà vu. Come quello dell’avvicinarsi di novembre. Mese nefasto in casa rossoblù da diverse stagioni a questa parte. Mese che porta con sé crisi di identità, di gioco e basso rendimento. Ma sono solo timori, ci si augura, infondati.
Analogie. Il Cosenza, come a Bari, non ha beneficiato della superiorità numerica. Anzi. È andato in tilt. È sembrato svuotato di idee e brillantezza. Ha faticato enormemente. Al San Nicola è andata bene, per il rotto della cuffia. Ieri no. Dati di fatto. Nell’organico dell’ottimo Massimiliano Alvini non c’è un vero numero 9, un bomber implacabile. Manca anche quel giocatore capace di levare con un colpo di classe le castagne dal fuoco nelle partite complicate. In buona sostanza, qual è la paura più grande? Che un leggero calo di condizione sia letale nella macchina sapientemente costruita dal mister toscano. Considerato che il livello tecnico non è eccelso.
La sosta arriva nel momento opportuno. Non è il caso di fare drammi, perché il Cosenza ha 9 punti in classifica e senza la sciagurata penalizzazione sarebbe in una posizione tranquilla. Alvini ha detto convintamente: “Ripartiremo, ne sono sicuro. Questa squadra ha nel suo DNA le caratteristiche giuste“. Bisogna fidarsi di lui.
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