Beppe Ursino, dg del Cosenza (foto Michele De Marco)
Beppe Ursino, dg del Cosenza (foto Michele De Marco)

Che fine ha fatto il direttore generale del Cosenza Beppe Ursino? E’ la domanda ricorrente che non solo si fanno quotidianamente tutti i tifosi ma anche gli addetti ai lavori.

Era esattamente il 14 giugno quando l’ex dirigente del Crotone si presentava alla città insieme al nuovo ds Gennaro Delvecchio. Insieme sedevano al tavolo delle conferenze per illustrare i programmi futuri della società. Da allora sono passati quasi 4 mesi. Nessuno purtroppo ha più avuto il piacere di colloquiare con lui.

Eppure le premesse e le parole proferite in sala stampa erano state più che incoraggianti: “Voglio che il Cosenza nel tempo acquisisca una mentalità europea. Sono venuto qui con un sogno nel cuore ma non vi dico quale”. Per anni è stata invocata la figura di un uomo di calcio capace di comunicare con stampa e tifosi. Soprattutto di metterci la faccia nei momenti topici della stagione. Mai ci si sarebbe aspettati un mutismo selettivo di tale portata!

Il presidente Guarascio con Ursino nella conferenza stampa del 14 giugno scorso (foto Francesco Farina)

Non si è tenuta la consueta conferenza stampa di fine mercato. Nessuna presentazione della squadra. Nessuna parola sulla penalizzazione di 4 punti inflitta al Cosenza dal TFN. Non c’è stato alcun chiarimento sul mancato pagamento degli steward e dei vari fornitori. Nessuna parola sullo sfratto della prima squadra e della Primavera dai vari campi di allenamento dell’hinterland cittadino. Bocche cucite anche sulla mancata iscrizione del Cosenza femminile nella Serie C appena conquistata sul campo. Argomento quest’ultimo mai toccato. Un elenco molto lungo di interrogativi finora senza risposta.

Ora più che mai, dopo la conferma dei 4 punti di penalizzazione e relativo ultimo posto in classifica della squadra, regna un sentimento di profondo smarrimento.

Certo, non si possono attribuire al solo Ursino le colpe di questa scellerata gestione societaria. È bene precisarlo. Si dovesse però continuare ad adottare questo discutibile e per certi versi irrispettoso modus operandi, anche l’ex direttore pitagorico rischierebbe di macchiare un’onorata carriera trentennale, diventando complice di questa lenta e infausta discesa verso gli inferi. La città, la stampa e i tifosi aspettano da troppo tempo delle risposte. Ci si augura a questo punto che arrivino celermente. La speranza è l’ultima a morire.

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