Indugiarsi sul rapporto tra Giustizia e Politica è diventato da tempo il lavorio preferito sia della classe dirigente del Paese sia degli analisti politologi di varia natura. La infuocata polemica di ANM contro la riforma Nordio sulla separazione delle carriere sommata alla vicenda Salvini prima e alla questione Almasri che ha portato il PM Lo Voi ad emettere un avviso di garanzia nei confronti del Presidente del Consiglio Meloni, di due Ministri e di un Sottosegretario poi, ha acuito questo scontro tanto da portare alla sospensione dei lavori parlamentari“.

A dirlo in una nota è Orlandino Greco di Italia del Meridione. “Non voglio qui entrare nel merito delle questioni, – scrive Greco – pur ritenendo una evidente forzatura l’iscrizione della Meloni nel registro degli indagati (avrebbe potuto invocare il segreto di Stato), nè denunciare tentativi di interferenze sull’azione politica sotto l’egida dell’obbligatorietà dell’azione penale, ma evidenziare come il tema della Giustizia attraversa in modo trasversale la storia dell’umanità.

Tanti di noi hanno avuto modo di leggere, ad esempio, cosa Platone pensasse della giustizia, pensiero magistralmente rappresentato nell’Apologia di Socrate. Socrate, considerato dall’oracolo di Delfi il più sapiente di Atene, nella convinzione che il vero sapiente fosse colui che sa di non sapere, comincio a interrogare le persone ritenute sapienti per verificare la verità dell’oracolo. Con sua grande meraviglia notò che non sapevano rispondere tanto da portare lo stesso filosofo alla famosa distinzione: ignoranti, quelli che presumono di sapere e non sanno, sapienti, quelli che sono coscienti di non sapere e intendono la vita come ricerca della verità.

Oggi la divisione è stata aggiornata: ignoranti sono coloro che hanno la risposta per ogni domanda. Sapienti, quelli che hanno sempre domande da fare. La missione di Socrate fu quella di convincere i suoi seguaci a prendere coscienza di non sapere e spingerli alla ricerca esercitando un grande fascino sui suoi seguaci, ma la novità del suo insegnamento gli procurò anche tanti nemici. Tale odio raggiunse il suo culmine quando gli avversari lo citarono in giudizio con due accuse infamanti. Lui, il grande educatore, accusato di corrompere i giovani e, cosa ancora più grave, accusato di “empietà “, per avere introdotto, secondo i suoi nemici, nuove divinità. “L’apologia di Socrate” racconta del processo e della sua condanna a morte.

Prima dell’esecuzione della sentenza Socrate pronunciò le famose parole: l’ora è tarda ed io andrò a morire, voi a vivere, ma non so quale sia la cosa più giusta. Socrate non aveva paura di morire, ma la sua condanna fu una grande ingiustizia. Si stese sul letto, bevve la cicuta e, dopo qualche minuto, morì l’uomo più giusto che era vissuto ad Atene“.