Tempi duri per il Cosenza, relegato in fondo alla classifica. La squadra di Alvini, complice il fardello del -4, sarà costretta a condurre un girone di ritorno da record per evitare di sprofondare in Serie C.
Tempi durissimi per la proprietà del Cosenza Calcio. Il patron, o presidente che sia, Eugenio Guarascio, viene contestato in ogni dove. Il suo gradimento è ai minimi storici. Ogni post pubblicato sulle profili social del club viene inondato immediatamente di inviti a farsi da parte, a cedere il pacchetto azionario e, nei casi più estremi, di ingiurie ed offese. Da qui la decisione di cancellare subito i commenti negativi e bloccarli. Diktat che in tutta probabilità viene dall’alto.
La mossa è rivolta probabilmente a chi sconfina nelle forme più becere di maleducazione, lasciandosi andare a pesanti offese personali o, nel peggiore dei casi, a velate o esplicite minacce (da condannare fermamente). Al contempo però si penalizza la maggioranza dei tifosi, che perde la libertà di esprimere civilmente il proprio dissenso. La censura preventiva, e soprattutto totale, da sempre poi non fa altro che acuire il malumore e rinfocolare gli animi già caldi. Oltre a indispettire e violare la regola base dei social, nati per favorire l’interazione. Per la comunicazione unilaterale ci sono canali come il sito web.
Se il tentativo invece è pulire l’immagine gettando la polvere sotto il tappeto, i risultati sono vani. Come se non ci fosse una contestazione evidente e una sfiducia conclamata e trasversale nei confronti della gestione societaria che trovano sfogo ovunque e comunque. Anche stavolta, si poteva fare diversamente, si poteva agire meglio.
“Era come se una qualche forza immensa vi schiacciasse, qualcosa che vi penetrava nel cranio e vi martellava il cervello, inculcandovi la paura di avere opinioni personali e quasi persuadendovi a negare l’evidenza di quanto vi trasmettevano i sensi…il senso comune costituiva l’eresia delle eresie“. (George Orwell in “1984”)
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