Era il 2005 quando gli Afterhours pubblicavano “Ballate per piccole iene“, un album che segnava una svolta sonora e concettuale per la band milanese, ormai pienamente consapevole della propria identità dopo il successo e la maturità raggiunta con Hai paura del buio? (1997) e Quello che non c’è (2002).
A distanza di vent’anni, resta uno dei lavori più emblematici della scena alternative italiana: scuro, tagliente, decadente eppure profondamente lirico.
Contesto e produzione
Registrato tra Milano, Catania e gli Stati Uniti, l’album vide la collaborazione del produttore americano Greg Dulli, frontman degli Afghan Whigs, con cui Manuel Agnelli stringerà poi una forte amicizia artistica. Questa influenza si sente chiaramente: c’è un’impronta più americana nel sound, tra fuzz rock, psichedelia e blues notturno, ma il cuore resta intensamente Afterhours.
La poetica del disincanto
Il titolo “Ballate per piccole iene” è già un programma: canzoni (ballate) per creature feroci, instabili, fragili e rabbiose (le piccole iene). È un disco che esplora la perdita dell’innocenza, il nichilismo emotivo, la decostruzione dei legami affettivi e sociali. La scrittura di Agnelli è chirurgica e visionaria, fatta di metafore scomode, cinismo e improvvise aperture liriche.
Brani simbolo
- – Ballate per piccole iene: il pezzo omonimo è una lenta discesa negli inferi dell’anima, con un crescendo psichedelico che esplode in un grido disperato.
- – La vedova bianca: un midtempo spettrale e sensuale, con un testo che racconta l’ossessione e l’annientamento.
- – Il sangue di Giuda: forse il brano più potente e disturbante, con chitarre distorte e versi che si fanno invettiva.
Estetica e impatto
L’album è visivamente e sonoramente compatto: copertina scura, colori lividi, testi alienati. Una dichiarazione d’intenti: non cercare il consenso, ma colpire nel profondo. Non a caso, la versione inglese del disco (Ballads for Little Hyenas, 2006) aprì agli Afterhours le porte del pubblico internazionale
Curiosità sull’album
Greg Dulli come padrino oscuro: il produttore dell’album non solo contribuì al suono più sporco e internazionale, ma suonò anche in alcune tracce. La sua influenza è palpabile: basti ascoltare Il sangue di Giuda o La vedova bianca per ritrovare quel groove oscuro tipico degli Afghan Whigs.
Versione inglese per il mondo: dopo l’uscita italiana, nel 2006 l’album venne completamente riscritto in inglese e pubblicato come Ballads for Little Hyenas. Gli Afterhours andarono in tour in Europa e negli Stati Uniti, suonando anche al mitico SXSW di Austin. Fu uno dei primi veri tentativi riusciti di esportare il rock italiano all’estero.
Il ritorno del rock maledetto: Ballate per piccole iene segnò un ritorno a un rock più viscerale e disturbante, in un momento storico in cui l’indie italiano stava virando verso sonorità più morbide o elettroniche. Agnelli & Co. riportarono al centro la violenza poetica del rock.
Un disco “contro”: Manuel Agnelli ha dichiarato più volte che il disco nasce da una profonda crisi personale e da una necessità di rifiuto verso le regole imposte dalla società borghese e dai rapporti umani costruiti sul compromesso. È un disco “contro”: contro l’ipocrisia, contro l’omologazione, contro la paura di guardarsi dentro.
L’impatto sui fan
Cult immediato: fin da subito, “Ballate per piccole iene” venne accolto con entusiasmo dalla fanbase storica, che ritrovava in quei testi una profondità e un’urgenza espressiva rara. Alcune canzoni sono diventate classici live, cantate a squarciagola nei concerti con un’intensità quasi rituale.
Generazione inquieta: per molti fan nati tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio dei ‘90, il disco rappresentò una colonna sonora perfetta per il disagio esistenziale e la disillusione. In particolare brani come “Ballate per piccole iene” o “Il sangue di Giuda” vennero adottati come veri e propri inni personali.
Un ponte tra due mondi: l’album ha anche avuto un ruolo importante nel traghettare gli Afterhours dal circuito underground al riconoscimento mainstream senza compromessi. È l’equilibrio perfetto tra accessibilità e radicalità, tra melodia e distorsione, che ha permesso loro di essere amati da pubblici molto diversi tra loro.
Eredità vent’anni dopo
Oggi “Ballate per piccole iene” è considerato un classico dell’indie rock italiano. La sua importanza non sta solo nella qualità musicale, ma nella capacità di dare voce a una generazione disillusa, stanca della patina pop e affamata di verità anche scomode.
È il disco che consacra definitivamente gli Afterhours come band di culto, capace di parlare con rabbia e bellezza alla parte più buia (e vera) dell’animo umano.
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