Gentile direttore de Il Dot. Ho letto con stupore, questo articolo, che peraltro non è neppure firmato. Bene, parto da un principio cardine del giornalismo: quando si scrive una cosa, a meno che non sia un comunicato di altre persone, il giornalista deve metterci sempre la faccia. Io l’ho fatto per tante battaglia per la mia città, la mia regione, occupandomi di rifiuti tossici, sanità, malavita.
Ne ho pagato anche il prezzo all’inizio della mia carriera e basta digitare le parole intimidazioni al giornalista Pasquale Golia per capire…. Ma non è questo il punto. Il punto, come recita lo stesso vostro slogan di testata, dritti al punto…., è che in questa vostra ricostruzione ci sono tante inesattezze: la principale è che l’atteggiamento intimidatorio dello steward è avvenuto prima di Cosenza – Cremonese, come peraltro tutto documentato in una relazione inviata all’Ordine dei Giornalisti, all’USSI nazionale ed alla Lega B, in cui sono narrati fatti precisi che vanno avanti dalla scorsa stagione. Da giornalista, anche se avrei anche potuto non farlo, ho voluto tutelare anche lo sfortunato co-potagonista di questa storia, non dando in pasto ai media il suo nome o dettagli scabrosi. Non sarebbe stato giornalismo.
Non voglio la crocefissione di nessuno ma la crescita culturale del mio ambiente. Guardi direttore, redazione de Il Dot, essere giornalista significa svolgere una missione, in questo caso la mia era quella di denunciare che stavolta il “BUUU”, metaforico, non è arrivato dal tifo all’indirizzo dei calciatori, ma da un addetto ai lavori all’indirizzo di un giornalista che era appena arrivato per fare il suo lavoro. Poi lei mi insegna, il “BUUU”, che può consistere in tante cose, può essere accettato in un modo piuttosto che in un altro. Bene, le confido una cosa: per me ogni sabato è una sfida indossare quella pettorina che mi veste a modo di gonnellina per la mia altezza, ho il coraggio di mettermi in discussione, esponendomi anche alla derisione generale (cosa peraltro mai accaduta a Cosenza ed anzi ad Empoli il tifo mi ha riservato un bel coro) a questo se lei aggiunge l’attenzione particolare di un tutore dell’ordine pubblico, che tanto per essere chiaro non è il mio controllore essendo la Lega di B e la Procura federale a vigilare sul rispetto del regolamento da parte di professionisti) allora vuol dire che non abbiamo capito nulla.
Io quel sabato non ho fatto nulla per meritarmi frasi, atteggiamenti aggressivi dello steward, ho cercato la solidarietà subito di qualcuno ma hanno preferito girarsi dall’altra parte. Gli stessi che ieri sera, cosa ancor più grave, nascondendosi dietro i post di un povero utente della rete, hanno cercato di screditarmi riferendo fatti che avevo confidato, ma per battuta, la scorsa stagione a qualche collega a bordocampo, che nessun altro poteva sapere. Ciò mi fa tremare ancora di più le gambe, e stavolta non è metaforico ma reale, perchè anche questo è bullismo. Lo stesso signore ha recuperato sulla mia bacheca Facebook, e non poteva farlo perchè non siamo amici, ma sono state passate sempre da qualche collega di bordocampo visto che già erano state postate dagli stessi sul nostro gruppo fotografi privati, per cercare di infangare non me ma il messaggio. Poi dice un’altra inesattezza, il regolamento non viete di avvicinarsi ai calciatori ma di chiedere maglie o di andare in campo, cosa che è successo contro la Reggina con alcuni colleghi ma nulla è stato detto o redarguito, almeno così mi risulta. Anzi, qualcuno, ha fatto passare la cosa come una prassi, ed io invece mi sono inviperito.
Qui non è una questione di maglie, perchè la maglia ti può essere regata senza dar fastidio, come succede a qualche mio collega bordocampista in Serie A senza commettere infrazioni ed è successo anche a me lo scorso anno con Vera. Però, se esistono immagini, possiamo verificare insieme, nel caso specifico ci sono due verità. Io sono stato attenzionato appena sono entrato in campo. A fine partita, invece, è successo qualcosa che nessuno ha visto…. Le cose ce le dobbiamo dire… Io non ho mai prenotato al calciatore di turno, poi mi dai la maglia?
Penso che quelli che cercano di sviare il messaggio lo hanno fatto. Ma ritorno al tema. Lei parla di campane, io in questi giorni ne sto sentendo tante, nella mia missione di giornalista vero, è la cosa più allarmante è che questo comportamento nasconde un modus operandi che non coinvolge solo me ma è frutto di qualcosa che merita attenzione da parte di chi di dovere. Guardi, io da questa storia, non ce ne ricaverò nulla. Dovrò continuare a sgobbare, prendere aerei, fare sacrifici, ed essere isolato nel mio stadio dalla maggior parte dei componenti del mondo di mezzo, come lo definisco io. Ma sono contento di una cosa: la mia dignità non è in vendita per una maglia o per un favore personale. Io a questo Steward ho teso una mano, si può sbagliare nella vita e spesso lo si fa in due. A questa persona, dopo aver ricevuto altre offese che non c’entrano nulla con la condotta professionale, e peraltro davanti ad un Commissario della FIGC, ho anche chiesto scusa ad inizio campionato. Be, vuole sapere se ho ricevuto una risposta: No, ha semplicemente incassato e basta. Così come ora. Non ho ricevuto alcun gesto distensivo in nome dello sport.
Concludo, ma mi spiega cosa c’entrano i miei colleghi bordocampisti in questa vicenda? Ricevo attacchi personali da loro e la mia battaglia è anche in difesa loro. Capirà che qualcosa non quadra proprio. La cosa mi mortifica ancor di più, perchè si banalizza una cosa che non deve esistere. Chiedo solo rispetto s per i sacrifici che ho fatto nella vita. E’ facile nascondersi, è da eroi esporsi. Con la stima di sempre…
Pasquale Golia