C’è un momento per ogni cosa. Nel mondo tutt’altro che fatato del Cosenza Calcio è arrivato quello dello “stringiamci a coorte“. Puntuale, da cinque anni a questa parte, scatta quando le giornate iniziano ad allungarsi e fioriscono le margherite.
Alla stampa e ai media locali viene chiesto, anzi spesso è una parte di stampa e media stessi a imporsi di fare un passo indietro. Spingere il tasto “pausa” alla funzione “spirito critico“. Al bando le polemiche, termine abusato e scambiato dagli integralisti del sostegno incondizionato per una semplice analisi obiettiva dei pastrocchi combinati ciclicamente dal club rossoblù. Di fronte ai quali ora si chiude un occhio, facciamo anche due occhi, pur di salvare il salvabile. Ben consci di trovarsi, fra dodici mesi, punto e daccapo.
Bisogna fare quadrato, ora. C’è un bene da salvaguardare che è la permanenza in Serie B. Categoria nella quale il Cosenza, con enorme fatica, resiste da 6 anni. È questo un patrimonio che va oltre tutto. Prevarica la malagestione societaria. Anche quella tecnica. Per cui stop alle discussioni sulle scelte operate, ai personalismi, agli schieramenti pro questo o contro quell’altro.
Remare compatti nella stessa direzione. Mai fare finta che tutto vada bene e fili liscio, per carità. Il prosciutto è più buono in bocca che sugli occhi. Semplicemente provare a non incrinare equilibri precari, supportando, mordendosi la lingua. Il Cosenza appartiene alla gente, ai tifosi. Non è un’idea romantica, è la realtà. È un promemoria in vista di Cosenza-Palermo.
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